Sono il simbolo del Made in Italy, ma sempre più spesso i marchi di moda italiani finiscono in mani straniere: Versace infatti è solo l’ultimo brand d’abbigliamento fashion italiano che ha trovato un acquirente all’estero. La maison, fino a pochi giorni fa, era posseduta all’80% dalla famiglia Versace, di cui il 50,01% dalla figlia di Donatella, Allegra Beck Versace e il restante 20% dal fondo Blackstone: a fine settembre il brand è stato ufficialmente acquistato dal gruppo Michael Kors, già proprietario di Jimmy Choo, per 1 miliardo e 830 milioni di euro.

Oggi ragazze abbiamo pensato di parlarvi in modo approfondito del caso Versace e anche di tutti i marchi della moda Made in Italy passati all’estero. Siete curiose di scoprire quali sono? Allora iniziamo subito con il post!

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LA STORIA DEL BRAND VERSACE È PRIMA DI TUTTO UNA STORIA FAMILIARE

Gianni Versace ha saputo rivoluzionare il mondo della moda usando lo speciale mix di progettualità e passione che lo contraddistingueva. La sua personalità, i suoi numerosi interessi e anche la sua storia hanno contribuito a rendere Versace una delle maison Made in Italy più apprezzate a livello internazionale.

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Credits: @charitystars.com



Fin da bambino Gianni passava il tempo all’interno della sartoria della madre dove imparò tutto quello che c’è da sapere sul mestiere, tanto che, anche negli anni di massimo successo, Gianni amava comunque definirsi un sarto.

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Credits: @theblast.com

La madre considerata la migliore sarta della città, è sempre stata orgogliosa della passione del figlio. Non si imbarazzò neanche quando la maestra la chiamò a scuola per mostrarle i disegni di Gianni che ritraevano le grandi dive del cinema italiano: “Mio figlio è interessato alla moda, non c’è nulla di cui preoccuparsi”.

LA NASCITA E LA CRESCITA DELLA MAISON VERSACE

Le capacità di Gianni non passarono inosservate nell’ambiente: la sua carriera da stilista iniziò nel 1972 quando disegnò una collezione per Florentine Flowers. Successivamente approdò a Milano dove lavorò con il brand Callaghan e con Complice e Genny.

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Con un capitale di 20 milioni di lire, la Gianni Versace srl nacque ufficialmente nel 1977. All’interno della maison tutti i fratelli Versace ebbero un ruolo fondamentale fin da subito: Gianni era il genio e lo stilista, Santo, il fratello maggiore, si indirizzò verso l’aspetto manageriale. Mentre la sorella minore, Donatella, fu musa e braccio destro di Gianni fino alla tragica morte dello stilista nel 1997, anno in cui subentrò al ruolo di direttore creativo del marchio.

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GIANNI VERSACE HA VERAMENTE “INVENTATO” LE TOP MODEL?

La personalità e l’estetica di Gianni Versace segnarono profondamente gli anni ’80 e ’90: nel ’82, per esempio, inventò l’oroton, ovvero la maglia a incastro di elementi metallici. Tra il 1987 e il 1988 accorciò le gonne dei tailleur, mentre nella stagione seguente ne allungò la giacca trasformandola quasi in un abito ribattezzato “blady”, l’acronimo di blazer e lady.

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Credits: @huffingtonpost.it

“Chi si innamora della Medusa non può più tornare indietro”

La Medusa come simbolo del brand apparve negli anni ’90: per crearla Gianni scelse delle modelle che con lui divennero “top”: Cindy Crawford, Carla Bruni, Claudia Schiffer, Naomi Campbell e Linda Evangelista. Sono solo alcuni dei nomi che da allora si legarono indissolubilmente alla maison.

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Via Pinterest

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ADDIO MADE IN ITALY: LA VENDITA DI VERSACE AL GRUPPO AMERICANO MICHAEL KORS

Le reazioni alla vendita della maison Versace al gruppo americano ha provocato diverse reazioni: c’è chi si dice contro, chi polemizza e chi dichiara che l’eccellenza italiana è ormai alla fine della sua storia.

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Donatella ha così commentato: «Santo, Allegra ed io riconosciamo che la prossima fase consentirà a Versace di raggiungere il suo pieno potenziale. La mia famiglia crede che far parte di questo gruppo sia essenziale per il successo a lungo termine di Versace». 

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Chissà se i nuovi acquirenti riusciranno a pronunciare correttamente il nome del brand: Donatella infatti spesso scherza sul fatto che gli anglosassoni lo pronuncino in modo errato. Non a caso la frase «It’s Versace not Versachee» è stata utilizzata nella campagna firmata Steven Meisel!

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La campagna di Versace autunno-inverno 2018/2019 è da record: si tratta dell’immagine pubblicitaria più lunga di sempre! Credits: @vanityfair.it

Ragazze, non è finita qui! A pagina 2 parleremo in maniera più approfondita delle cause e delle conseguenze della vendita di brand italiani all’estero, scopriremo i marchi già in mano a gruppi stranieri e quelli la cui gestione è ancora totalmente italiana! Continuate a leggere!

6 COMMENTI

  1. C’è poco da fare polemica, nessun marchio italiano ha presentato un’offerta. Nessuno. E quindi è stata venduta ad un marchio estero, cos’altro dovevano fare?
    è un grossissimo problema, quello delle maison italiane comprate da esteri, perché se è vero che i dipendenti e le fabbriche restano in italia, parte dei ricavati non va nelle tasse italiane ma estere. già siamo in ginocchio economicamente parlando, se poi ci priviamo di una delle linfe maggiori per il guadagno italiano.. siamo destinati a morire.

  2. Non c’è molto da dire… Che tristezza 🙁
    E soprattutto l’Italia non è economicamente messa bene, se perdiamo anche queste grandi fonti di guadagno non so dove andremo a finire. Per non parlare che pure i monumenti li stanno vendendo agli stranieri :/ Dove andremo a finire?

  3. Credo fortemente nel Made in Italy….e sono fortemente sostenitrice del Made in Italy… una tristezza e sconcerto quando due settimane lessi della cessione di Versace a Kors….. io che ho amato Gianni Versace un artista, un genio della moda venduto ai grossolani americani! Secondo me si sta rivoltando nelle sue ceneri…quando presi il mio primo stipendio, anno 1993, andai a comprare nella boutique di Forte dei Marmi ( ora non c’è più) un fantastico pantalone con i suoi inimitabili colori e fantasia… lo conservo ancora… un sogno…. ma il Dio quattrino è più potente di ogni altra questione o affetto… Apprezzo il pensiero di D&G e altri … tanto con le acquisizioni prima o poi si perde il volere, il gusto, l’emozioni e il pensiero degli stilisti…guardate per es il marchio Chanel… Gabrielle sosteneva che prima di uscire bisogna guardarsi allo specchio e togliere qualcosa… con Lagerfild tutto è di più, scritte evidenti e grossolane…. Gucci non sembra più neanche il marchio iniziale … tutto stravolto anche Valentino e il suo rosso inimitabile…. una vera delusione ….

  4. magari cambierò idea in futuro, ma se fossi io che devo vendere il mio marchio, piuttosto cerco lavoro altrove a tutti i miei dipendenti e poi chiudo i battenti. non ho ancora un brand ufficiale, ma se mai dovessi fare carriera, non so se sarei disposta a cedere ciò in cui ho messo passione, manualità e sentimento ad altri.

  5. Il direttore artistico di Gucci, però, è italianissimo, Alessandro Michele. E sta attingendo molto dai vecchi disegni. Anche il CEO di Gucci è italiano, Marco Bizzarri. E ha ridato lustro al marchio.

  6. Lavoro per una delle due multinazionali francesi del lusso che avete nominato. Leggo molta tristezza nei commenti. Quello che forse si ignora è che quando un marchio italiano viene acquisito, lo style e l’intellighenzia rimangono in Italia. Questi grandi gruppi del lusso forniscono soprattutto l’amministrazione, la logistica e l’informatica. Ma lo styling, la produzione, la materia prima rimane in Italia. Spesso si sceglie anche di lasciare ai vertici gli italiani.
    Un nome su tutti: Gucci. Alessandro Michele è italiano e sta ridando vita a un marchio che si stava fossilizzando. Il CEO di Gucci, Marco Bizzarri, poi ha avuto parecchio intuito nel scegliere uno come Michele come direttore artistico. Gucci è tornato ad essere uno dei marchi più ricercati, degli ultimi anni. E la produzione è rimasta in Italia. Così come molti stranieri hanno la produzione in Italia.
    Noi siamo ancora il top. Mancano gli investimenti, purtroppo.

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