Definire Barbie solo un giocattolo sarebbe estremamente riduttivo: questa bambola, nata ufficialmente nel 1959, si è infatti tramutata ormai anche in un’ icona della cultura di massa. Barbie inoltre, evolvendosi per andare incontro ai vari bisogni del mercato, ha avuto anche il merito di mutare il suo aspetto riflettendo i cambiamenti culturali del contesto in cui si è inserita, accompagnando con un talento camaleontico i le nuove voci della società. Per questo il suo aspetto, nel corso degli anni, è cambiato profondamente e, da originariamente longilinea, biondissima e dagli occhi azzurri, Barbie è diventata anche curvy, bassa, minuta, dalla pelle scura o con i tratti asiatici, e lo stesso è valso anche per la sua controparte maschile, lo storico fidanzato Ken.

La Mattel, la casa produttrice di Barbie, ha però deciso di fare un ulteriore passo avanti, omaggiando le donne che hanno contribuito a rivoluzionare il mondo in positivo, e che sono delle fonti di ispirazione per grandi e piccine. Lo ha fatto lanciando la linea Shero, termine unito dalle parole inglesi she, “lei”, e hero, “eroe“, che recentemente è tornata molto a far parlare di sé poiché, tra le sue ultime uscite, figura anche per la prima volta nella storia dei giocattoli occidentali, una bambola che indossa l’hijab, il velo della tradizione islamica usato per coprire testa e spalle.

E non è tutto: le fattezze di questa bambola sono state ispirate da una donna precisa, ovvero Ibtihaj Muhammad, che si è saputa distinguere tantissimo nel mondo dello sport e che ha saputo combattere i pregiudizi facendosi valere a suon di talento! Siete curiose, ragazze, di scoprire di che cosa si tratta? Non vi resta allora che continuare a leggere per scoprire tutto!

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SHERO, LA LINEA DI BARBIE CHE OMAGGIA LE EROINE CHE ISPIRANO LE RAGAZZE

Non è la prima volta che la linea Shero di Mattel fa notizia: poco tempo fa, ad esempio, aveva dato il suo tributo alla top model curvy Ashley Graham, proponendo una bambola con le sue fattezze e facendo in modo che la sua fisionomia le somigliasse in tutto e per tutto. Con questo intendiamo veramente tutto, dato che la modella stessa si è personalmente premurata di controllare, ad esempio, che la sua riproduzione avesse le cosce che si toccavano, proprio come le sue!

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Essendo un’attivista della body positivity, infatti, Ashley in questo modo ha dato il suo contributo alla diffusione di un altro modello di bellezza in cui potersi identificare, sfidando i canoni estetici contemporanei più diffusi e proponendone in aggiunta altri, altrettanto degni di essere rappresentati.



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Nella linea Shero, compaiono anche Ashley Graham e Gabrielle Douglas

L’anno scorso, invece, è stata lanciata una Barbie che celebrava la ginnasta olimpica Gabrielle Douglas. Gabrielle non solo è stata la prima donna afroamericana a diventare una campionessa individuale conquistando l’oro alle Olimpiadi di Londra nel 2012, ma è stata anche la prima ginnasta americana che ha conquistato la vittoria, sia da sola che in squadra, alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016!

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Ora la Mattel ha scelto di omaggiare Ibtihaj Muhammad, campionessa di scherma americana di religione musulmana, creando una bambola con le sue fattezze. Il suo intento è stato, usando le parole della casa produttrice di giocattoli stessa, un ulteriore contributo a “riconoscere le eroine che ispirano le ragazze, rompendo gli schemi ed espandendo le possibilità per le donne ovunque”.

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MA CHI È IBTIHAJ MUHAMMAD?

Ibtihaj Muhammad è una donna straordinaria sotto molti punti di vista: la sua bravura nella scherma, sport in cui è specializzata nella sciabola, l’ha portata a vincere ben 5 medaglie ai campionati mondiali, una delle quali d’oro. Nel 2016, inoltre, ha conquistato la medaglia di bronzo nella sciabola alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016!

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Oltre questo, Ibtihaj ha raggiunto un importantissimo primato, ovvero quello di essere stata la prima donna di religione musulmana a giocare a livello internazionale per gli Stati Uniti d’America.

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Non solo: Ibtihaj ha sempre indossato, durante ogni competizione, l’hijiab, il velo che copre collo, capelli e parte delle spalle e della fronte, proponendo un incontro tra due culture coronato dal successo nello sport.

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“Porto solo in giro quello che sono: una donna, una afroamericana, una musulmana”

Riguardo l’importanza del suo essere la prima donna americana musulmana e velata ad aver partecipato alle Olimpiadi, Ibtihaj ha rivelato in un’intervista al quotidiano La Stampa: “Porto solo in giro quello che sono: una donna, una afroamericana, una musulmana. Sono tutti aspetti della mia identità che non voglio correggere o nascondere”.

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Ragazze, non abbiamo ancora finito! La Barbie con lo hijab e la rivoluzione ispirata dal lavoro di Ibtihaj Muhammad in collaborazione con la Mattel sono il focus della pagina successiva! Scoprite come è stata creata questa bambola e il messaggio di cui è portatrice a pagina 2!

44 COMMENTI

  1. Per me non c’è storia. Potranno pure dire che il velo è parte della loro cultura. Ma per me resta l’ennesima costrizione ai danni delle donne. Quindi non va rappresentato. Ma tolto.

  2. mi fa piacere che vengano rappresentate delle eroine dalla Mattel, però non so, la questione del velo non mi è mai piaciuta già di per sè perchè la trovo sia una costrizione, sia una cosa un po’ ridicola… ma come sono ridicole altrettante credenze e abitudini di altre religioni, cattolicesimo incluso ovviamente. Per cui se la vedo solo come rappresentazione di una grande donna che merita di essere celebrata si mi piace molto, se la vedo come un modo per includere la religione musulmana nel mondo occidentale che rappresenta la Barbie allora non mi interessa sinceramente. Tutte queste inclusioni non hanno senso di esistere se poi sono i popoli islamici stessi che discriminano gli occidentali per primi…

  3. Mi dispiace, ma questa innovazione non mi piace per nulla. Non mi garba che il velo debbano portarlo solo le donne, e non mi garba questa strizzatina d’occhi compiacente ad una cultura sessista, lontana anni luce dai principi occidentali. Per me, è NO.

  4. Hai ragione. Non è possibile che nel 2017 ci siano ancora donne, moltissime donne, nel mondo che vengono considerate degli oggetti, degli zerbini.

  5. Tra l’altro non è neppure una questione di costume o di abitudine, ma proprio giuridica: in diritto comparato ho avuto modo di studiare il sistema giuridico diffuso nei paesi di religione coranica, e posso confermare che esso è a dir poco AVVILENTE nei confronti delle donne, considerate cittadine di serie B (un esempio: la testimonianza di una donna in sede di processo vale la metà di quella di un uomo). Senza giungere agli estremismi di luoghi come l’Arabia Saudita o l’Afghanistan, ove la donna è solo un ventre per fare figli, è sufficiente considerare il Nord Africa per assistere ad un divario incolmabile con i nostri sistemi giuridici. Già la poligamia a senso unico (più mogli), mi volete dire cosa a che fare con la concezione della donna in Occidente? Non si tratta quindi di un pezzo di stoffa, che qualcuna magari è pure felice di indossare per senso di appartenenza o per scrupolo religioso, ma di diritti e di capacità di agire, e siamo lontani anni luce. Non ho apprezzato che questo blog abbia fatto propaganda di una cultura di questo genere, foss’anche per una bambola. Sono molto perplessa di tale scelta redazionale. Non è un buon messaggio, questo, per chi legge.

  6. Per quanto riguarda le barbie ispirate a Gabrielle Douglas e ad Ashley Graham sono d’accordissimo, soprattutto su quest’ultima che, pur non facendomi impazzire, incarna un ideale di bellezza “diverso” da quello semi scheletrico a cui siamo sempre stati abituati, per cui per me è ok!
    Per la barbie con l’hijab proprio NO, per tutta una serie di motivi: a parte il fatto che se vogliamo “omaggiare” la cultura islamica non vedo perché farlo solo con quella e non con altre, ma poi è lo stesso Islam che tende a discriminare altre culture e religioni bollandole come infedeli ed a prendere le distanze da soggetti (soprattutto donne) che tendono anche solo lievemente ad “occidentalizzarsi” (anche solo per vestiti, trucco, o stile).
    Non dimentichiamo poi che parliamo di una religione che vede la donna in una maniera che definire “infima” è dir poco..

  7. Luisella, non posso fare altro che confermare tutto quello che hai scritto nella prima parte del tuo commento, in modo più “generico” e meno approfondito ho espresso i tuoi stessi concetti.
    Per la questione di questo blog, a me personalmente non è sembrata una propaganda pro Islam, semplicemente mi pare si siano limitate a riportare una notizia che comunque avremmo letto in giro..
    Almeno, questo è come l’ho avvertito io.

  8. Può essere, ma preferirei non essere ovunque bombardata da notizie relative alla cultura islamica, che ci vengono continuamente propinate per farcela digerire a forza. Tanto rimango della mia opinione, suffragata da studi e non da pregiudizi.

  9. Da tua “collega” sono pienamente d’accordo. Non può definirsi positivo questo continuo omaggio, in ogni dove, ad un cultura antiquata e retrograda, che non riconosce i diritti fondamentali della persona, parte integrante del patrimonio giuridico occidentale e direi anche (per fortuna!) del nostro modo di pensare e sentire.
    E da ex schermitrice aggiungo che avrei preferito mille volte vedere Barbie ispirarsi ad una campionessa di altissimi meriti sportivi come Valentina Vezzali. che ha fatto una carriera straordinaria e duratura in questo bellissimo sport (anche se su questo, è abbastanza ovvio che Mattel volesse preferire una sportiva rappresentativa degli USA)!

  10. Mi piacciono tutte queste nuove idee, quando ero piccola io non trovavo neanche le barbie con i capelli castani

  11. Grandissimo rispetto per questa atleta e per la religione musulmana, ma l’hijab non mi piace. Non mi piace l’idea che una donna per uscire di casa e affrontare la società debba coprirsi, nascondere una sua caratteristica attraente.

  12. Forse associare cultura musulmana con esempi di donne emancipate come questa schermitrice può aiutare……

  13. È una questione di cultura, se è la donna stessa a scegliere di mettere la Johan io non ci trovo nulla di insensato, brutto…se è costretta è diverso.
    Nel mondo occidentale ci sono questioni simili, con lo stesso discorso di base…se una ragazza mette una gonna sempre sotto al ginocchio per moda o gusto personale va benissimo, se il marito/compagno/padre/madre gli vieta gonne sopra il ginocchio o minigonna per motivi di gelosia/religione….il discorso cambia totalmente. Forse non è la similitudine più azzeccata…ma il concetto è lo stesso.

  14. Secondo me non bisogna confondere musulmani con estremisti. Ho frequentato parecchio i musulmani, anche nei Paesi natali, ti assicuro che ogni famiglia è un nucleo a parte, esattamente come in Italia, basta fare un giro tra le tante città italiane ed i vari quartieri per rendersi conto che qui in Italia la donna è relegata al ruolo di casalinga/colf non meno di quanto non sia nei Paesi arabi, fidati.
    Poi ci sono Paesi fondamentalismi…ma lì si parla di follia, non di religione ne tantomeno di cultura.

  15. Secondo me è molto riduttivo associare la scelta di portare il velo con quella di mettere una gonna lunga. Il velo non è un accessorio, che metto a seconda della voglia del momento. Il velo copre i capelli perché sono la massima espressione della seduzione femminile. Poi, certamente, una può scegliere liberamente di portarlo, ma ciò che rappresenta per me non è libertà.

  16. ah guarda, su quello concordo al 2000% con te quando dici che siamo bombardati ovunque da servizi – articoli – altro che cercano di propinarci a tutti i costi una realtà che per prima si distanzia (consapevolmente) da noi, altroché.

  17. Ci sono tante donne musulmane emancipate e senza velo, secondo me per la cultura musulmana sarebbe stato meglio essere associata a esempi come la regista Rayhana Obermeyer.

  18. Secondo me non è riduttivo, ci sono famiglie, in Italia, italiane…in cui la ragazza non può uscire da sola, o da sola col fidanzato, non può indossare gonne corte, ne truccarsi, famiglie in cui se conosci uno..te lo devi sposare. E non parliamo di casi rari, parliamo di interi quartieri in cui la donna è ancora nel medioevo e l’uomo si crede Dio. Interi quartieri, di tante città, in cui quelle che si comportano diversamente…sono appellate come prostitute.

  19. Forse non mi sono spiegata bene. Per me mettere il velo non è come mettere una gonna lunga anziché corta. La gonna è una questione di moda, al massimo di insicurezza, il velo ha una simbologia complessa e, per me, di oppressione (diretta o indiretta).

  20. Premetto che sono pienamente in accordo con chi ha posto punti validissimi sulle connotazioni negative dell’hijab per la donna, però ne vorrei fare
    uno anch’io dicendo che non ha nemmeno senso vilificare l’hijab. Proprio
    perchè la situazione per le donne musulmane è avvilente, come commenta per esempio Luisella, sia in Europa, ma soprattutto nei paesi islamici non accettare che le donne di religione musulmana indossino l’hijab nei posti di lavoro, in spiaggia o a scuola oppure guardarle con pena quando passano per strada non è liberatorio nei loro confronti, al contrario.
    Se una donna deve indossare l’hijab perchè vive in un paese islamico o la famiglia è molto devota e lo impone, cosa pensate succeda se non lo può indossare fuori di casa? Pensate che il padre o il marito le dicano va bene vai a scuola/lavoro a capo scoperto? Direi che le imporranno invece di stare a casa. Quindi secondo me non aiutiamo queste donne ad emanciparsi, ma aiutiamo i loro carcerieri a limitarne ancora di più le libertà.
    Nel clima corrente se l’hijab aiuta donne altrimenti oppresse ad uscire di casa, a lavorare, a frequentare scuole ed università, a diventare campionesse di scherma, blogger, attiviste, parlamentari allora va bene così, le figlie di queste donne emancipate forse avranno la possibilità di scegliere.

  21. Scusate un altro commento poco serio, solo a me fa sorridere che abbiano chiamato la linea Shero perchè non potevano chiamarla Heroine ….

  22. Ciao Luisella, l’intento del post è condividere una notizia che segna una tappa nella storia della Mattel, proponendo una bambola unica nel suo genere. Inoltre, come altre donne citate nella linea Shero, anche in questo caso la campionessa olimpica a cui è stato dato un tributoo è una figura femminile che ha raggiunto dei grandi traguardi che l’hanno fatta distinguere nel mondo sportivo e che, indipendentemente dalla religione o dalla cultura, è indubbiamente una persona da cui bambine e bambini possono trarre ispirazione. Lo scopo dell’articolo non ha dunque nulla a che fare con qualsiviglia propaganda, ma vuole fare informazione su un prodotto che la Mattel ha scelto di mettere in commercio per dare il suo omaggio ad una delle tante grandi donne che si distinguono per i loro meriti e capacità, fatto a nostro avviso in linea con le nostre scelte editoriali.

  23. Ci sono tante donne che possono essere d’ispirazione per i bambini, la scelta della Mattel non è a caso. Credo che si voglia anche strizzare l’occhio a una buona fetta di mercato, per niente indipendentemente da “cultura” e religione.

  24. Ciao Luisella, in un mondo ideale avresti ragione al 100%, ma visto che al momento le cose stanno esattamente come dici tu, secondo me la soluzione migliore è combattere il sistema dall’interno. Più le donne escono, studiano, lavorano e meno si sentono legate ad una cultura o sistema che le umilia e le tiranneggia e di conseguenza meno lo accettano, i cambiamenti verranno a poco a poco anche grazie a queste donne.

  25. Ok, so benissimo che esistono associazioni femministe tra le musulmane, ma cosa c’entra una bambola? E cosa c’entra il velo con l’emancipazione? Chi vuole emanciparsi rifiuta qualsivoglia retaggio culturale sessista (solo le donne devono portarlo, ndr.). A me non interessa la religione: per me ognuno può credere in quello che vuole, pure nel grande cocomero. Ma nel preciso istante in cui ogni singolo momento della mia vita di donna viene regolato in chiave minore rispetto agli uomini, dal punto di vista giuridico, allora di una bambola col velo non me ne faccio proprio nulla.

  26. Scusa ma io non ho accennato minimamente a nessuna associazione femminista, facevo un discorso in generale sul fatto che non è produttivo per nessuno tantomeno per le donne che lo devono portare demonizzare l’hijab. Da donna educata e cresciuta in una famiglia liberale che mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato a fare le mie scelte condivido pienamente i tuoi sentimenti, cercavo semplicemente di fare un po’ di strada nelle scarpe di una donna meno fortunata di me, quindi rispondendo punto per punto ai tuoi temi:
    1 – il velo c’entra con l’emancipazione perchè permette alle donne in una situazione che tu stessa definisci a dir poco avvilente di uscire di casa e lavorare, studiare, fare sport etc.
    2 – Nella situazione sociale, culturale e legislativa che tu descrivi che una donna possa semplicemente dire “io il velo non lo metto” è un utopia, oltre ad alienarti la tua famiglia e la tua intera comunità rischi pure la vita. Menata e incarcerata o addirittura da morta non risolvi niente ed è un sacrificio che non aiuta nessuno.
    3 – La bambola con il velo indipendentemente dalle intenzioni buoniste o per far profitto della Mattel può aiutare ragazzine in famiglie tradizionaliste ad emanciparsi appunto facendo vedere che nonostante l’hijab e quindi le restrizioni una donna può raggiungere qualsiasi meta.
    Per me non è semplicemente questione di ribellarsi a qualsiasi costo e a discapito di qualsiasi conseguenza, ma di farlo con intelligenza oltre che con coraggio.

  27. Non sono moderna, aperta o quello che volete per capire e comprendere il significato o il messaggio di questa barbie! La società ecc ecc fa di tutto perché noi occidentali dobbiamo trovare normale i loro usi e costumi e loro non tollerare i nostri! Perché ci concentriamo su un’ atleta che porta il velo da farne una Barbie?E visto che sono preistorica oserei dire che c’è un chiaro messaggio dietro! E qui mi fermo! La Barbie è una bambola, smettiamo di segregare in degli schemi e mentalità pseudo moderne anche i giochi innocenti!

  28. E’ inquietante leggere tutti questi commenti negativi, manco avessero presentato Barbie ISIS, è una bambola ispiarata ad una campionessa olimpionica perlamiseria!

  29. Vedo che non ci siamo.
    Per me è inammissibile questo continuo bombardamento di stili di vita che non si confanno al pensiero occidentale-illuminista, che ha portato alla libertà ed alla emancipazione delle donne.
    Il velo e l’emancipazione sono due rette parallele che non si incontreranno MAI, altrimenti il velo lo porterebbero pure gli uomini.
    Se sono emancipata, non uso un simbolo di oppressione. Punto. E non mi interessa che la bambolina con il velo sia “utile” per le bambine, perché così com’è, utile non lo sarà mai, mi dispiace dovertelo dire.
    Noi donne occidentali abbiamo lottato per avere quello che abbiamo: il carcere, lo scherno, le botte le abbiamo già vissute, e già all’epoca della Rivoluzione Francese. Ora tocca al Medioriente, SE vuole farlo: e so che lo vuole, perché coraggiosissime ed eroiche femministe ci sono.
    E non è far sport con il velo che una donna si emancipa.
    Si emancipa quando la legge la riconosce pari all’uomo.
    Della Barbie col velo non me ne faccio nulla: serve solo a reiterare, ancora ed ancora, un modello di vita che di emancipato non ha nulla.
    Spero di non dover ulteriormente perdere del tempo a controreplicare per la centesima volta.
    Scusa, ma ho di meglio da fare.

  30. Concordo e aggiungo che questa operazione di marketing è colpa pure di certe cosiddette femministe europee : coloro che hanno minimizzato ciò che è accaduto nel 2015 in diverse città della Germania e della Svizzera, donne per cui solo il maschio occidentale è (sempre?) brutto sporco e cattivo, al contrario degli altri che non si sanno trattenere perché non ci sono abituati perché “poverini è la loro cultura, cattiva tu che li hai provocati dato che con -10 gradi eri in piazza con le amiche e ti si vedevano i capelli sotto la cuffia di lana! Come osi non mostrarti modesta? (Ovviamente modesta è un termine ipocrita per voler intendere ben altro)
    Questa Barbie non mi piace : io non digerisco la cultura maschilista ,omofoba e retrograda di certi connazionali, perché dovrebbe andarmi bene quella di altri uomini? Perché ?
    Io sono dalla parte delle donne e degli uomini che abbracciano i valori laici, che dovrebbero essere alla base di ogni Stato nel 2017.
    Sono dalla parte di Mina Ahadi, costretta a vivere sotto protezione (in Germania), del movimento My Stealthy Freedom, che combatte per la libertà delle donne in Iran. Sono dalla parte di Rana Ahmad, che è fuggita dall’Arabia Saudita perché atea e che, non appena arrivata in Germania, si è ritrovata in una struttura di accoglienza per rifugiati nella quale ha ritrovato le stesse logiche islamiste da cui era fuggita.
    Potrei scrivere centinaia di casi, ma i governi preferiscono girare la faccia, tanto si parla solo di donne.

  31. Ti rispondo solo grazie della risposta molto educata, se il tono è questo tienitele pure le tue risposte non perdere tempo sarò io per prima che non ne perderò più per leggerle, anche se non condividi il mio punto di vista puoi sempre rispondere in maniera più gentile e con toni meno consoni al regime che tanto disprezzi.

  32. Inoltre tu donna occidentale non hai lottato per niente, la nostra generazione l’emancipazione se l’è trovata bella e pronta nel piatto grazie alle nostre nonne e mamme. Tendere una mano a quelle che non ci sono ancora arrivate ti farebbe solo onore, invece di dire io sono a posto tu sei ancora repressa arrangiati, wow complimenti.

  33. Anch’io sono rimasta abbastanza perplessa, non mi sento buonista e nemmeno io condivido i connotati negativi dell’hijab e molti aspetti dell’Islam, ma dire che le donne musulmane non sono emancipate, vivono in una cultura repressiva e retrograda e concludere che è colpa loro perchè non si ribellano, quindi si arrangino o cerchino di adattarsi ai canoni occidentali mi fa rimanere veramente basita. Mah sarò io che vivo fuori dal mondo cercando di capire chi vive una realtà diversa dalla mia…

  34. Credo che tu abbia fatto un riassunto non tanto accurato. Più volte è stato detto che ci sono un sacco di donne musulmane emancipate e personalmente credo che sia importante ripetere che Islam non significa automaticamente cultura retrograda. Ma è indubbio che in molti paesi musulmani le donne siano represse e discriminate. Ho letto su Wikipedia che la stessa Ibtihaj Muhammad ha fatto scherma perché i suoi genitori le hanno permesso di praticare uno sport a condizione che potesse restare integralmente vestita, benché si trovasse negli USA. Nessuno ha concluso che la colpa è loro e che si arrangino, qualcuno ha detto che per l’emancipazione serve la lotta diretta, non lo “sdoganamento” del velo. Si può essere d’accordo o no, ma non è come dire “o vi ribellate oppure la colpa è vostra”.
    In ultimo, ci tengo a precisare che anch’io vivo cercando di capire gli altri: rispetto le donne che portano il velo, ma non rispetto il velo in sé e il messaggio che porta.

  35. Mi pare che l’ obiettivo della Mattel cosi come quello di dolce e gabbana quando propone abiti da sera con veli e hijab vari per le milionarie saudite sia sostanzialmente di vendere e abbia poco a che fare con l’emancipazione femminile. E poi è paradossale proporre come liberatorio una divisa che è stata imposta alla campionessa come condizione affinché facesse sport. Che razza di liberazione è? Bisognerebbe ricordare a chi vede nell’ hijab il meno peggio i casi di quelle ragazze che sono state rasate a zero per non averlo voluto indossare. Loro si che hanno del fegato,. Altro che l ‘ipocrisia di chi vuole spacciare i veli e le palandrane come una forma di libertà. Che libertà è girare nei 40 gradi della pianura padana incofanate come scarafaggi? O non potersi fare un bagno in piscina o al mare a pelle nuda?

  36. Solo le donne devono velarsi. Non gli uomini. E’ il corpo delle donne ad essere nascosto “per religione”, non quello degli uomini. La discriminazione è in re ipsa. Stiamo anche a discuterne?!?

    La Mattel dal canto suo ha fatto questa scelta per puro scopo commerciale, cioè allargare la platea dei suoi acquirenti a milioni di padri e madri musulmani.
    Puro e semplice danaro, al solito.

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