Il movimento è una di quelle cose che non potremo mai fermare. Lo spostamento di persone, culture e pensieri. È inevitabile quindi che ciò che nasce in un polo del mondo, presto o tardi influenzi quello che c’è dall’altra parte. Oggi insieme vorremmo vedere quattro elementi della cultura africana che hanno avuto un altissimo impatto sulla moda e lo stile occidentali, diventando dei trend indiscussi.
La storia e le usanze del continente nero, sono vaste e a tratti oseremmo dire sconosciute. Forse molte di noi non sapranno che le treccine erano anche un modo per definire le classi sociali. Altre magari ignoreranno che dietro ad ogni singola perlina colorata inserita in una collana, si celava un messaggio e un significato. Altre ancora conosceranno magari i rasta, senza saperne identificare veramente l’origine. Per questo e molto altro, continuate leggere il post!
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LE TRECCINE : UN’ORIGINE LONTANA
I diversi stili di treccine sono tornati alla ribalta negli ultimi anni grazie a varie celebs che le hanno sfoggiate con stile e personalità. In realtà le radici di questo tipo di acconciatura affondano nella storia del continente nero. Andando indietro di qualche secolo, vediamo come anticamente, il modo di intrecciarsi i capelli avesse un’importanza dal punto di vista sociale.
In Nigeria ad esempio, nella tribù Igbo, le ragazze nubili acconciavano i capelli in modo diverso rispetto alle altre. O ancora in Etiopia, i guerrieri intrecciavano la loro chioma per distinguersi dal resto della popolazione.
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Già più volte in qualche post abbiamo parlato dei Bantu Knots, letteralmente nodi bantu. Con la parola bantu, circa due secoli fa, ci si riferiva ai popoli nel Sud del continente.
SONO DIVENTATI UN VERO E PROPRIO TREND
Sfoggiata dalla cantante Rihanna in diverse occasioni, questo tipo di capigliatura ha origine in Africa, più esattamente tra le donne delle tribù Zulu.
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I cornrows, contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, non hanno avuto origine a Los Angeles tra le mura di casa Kardashian.😆 Alcuni studiosi affermano che fossero già una consuetudine degli antichi egizi. Videro poi la loro evoluzione in Etiopia.
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Vi sono poi le box braids, amate ormai da ragazze di etnie e culture diverse: un look comodo e versatile, che garantisce originalità e stile. Sono delle trecce dalla base quadrata, per questo il loro nome, trecce a scatola. Videro la loro origine tra le donne della Namibia.
RASTA: UN VIAGGIO DALL’ETIOPIA ALLA GIAMAICA
Il primo collegamento che risulta facile fare quando si parla di rasta è quello con il cantante giamaicano Bob Marley. Eppure questo stile affonda le sue origini in terra etiope…
… tra secoli e secoli di cultura, passando per l’ultimo imperatore etiope Hailé Selassié o Ras Tafarì, che in aramaico vuol dire capo da temere. Intorno al Tafarì, si sviluppò un vero e proprio culto, che diede origine al rastafarianesimo. Effettivamente quest’ultimo si diffuse in particolar modo in Giamaica, grazie anche all’apporto musicale del re del reggae.
Hailé Selassié ultimo negus d’Etiopia
Tra le varie caratteristiche di questa religione vi è il vestirsi con i colori della bandiera etiope, ovvero rosso, giallo e verde e il portare i capelli in dreadlocks. Con il passare del tempo, i rasta, hanno attraversato i confini dell’Etiopia prima e della Giamaica dopo, giungendo nella nostra quotidianità.
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Talvolta simboleggiano l’adesione ad una corrente di pensiero simile a quella del rastafarianesimo e di Bob mentre altre volte possono semplicemente rappresentare una scelta spinta da un proprio gusto estetico.
A me viene un grande dubbio quando si parla di queste cose. Incontro culturale o appropriazione culturale? Ad esempio le rastas o le collane hanno dietro tutto un senso religioso, culturale che noi togliamo perché sono belle da portare, ma per loro può essere una grave mancanza di rispetto a le sue tradizioni culturali.
non so, magari cambierò idea in futuro. ma io penso che ci sia semplicemente razzismo vs. omaggio. le culture del mondo si sono influenzate a vicenda dall’alba dei tempi. è vero che i colonizzatori hanno imposto il loro stile di vita, ma oggigiorno molti si sentono ispirati da aspetti che non appartengono alla propria cultura d’origine, e questo favorisce l’integrazione. non sta a noi decidere se è giusto o sbagliato, ma ai popoli interessati. per quanto ne so molti popoli hanno un concetto di ospitalità diverso da quello a cui siamo abituati, e sono probabilmente aperti ad accogliere chiunque voglia approfondire la loro storia, le loro idee e tradizioni. il concetto di appropriazione culturale è al massimo sfruttato dai “big” che stanno dietro all’economia mondiale, che sono una minima percentuale dei produttori. i consumatori sono spesso spinti o dalle mode o dalla curiosità. per me è un concetto che si può applicare più al passato. la blackface potrebbe essere approprazione culturale se allarghiamo il concetto, il permettere alla maggioranza di usare icone e tradizioni della minoranza segregando la minoranza stessa senza dare a quest’ultima il diritto di esprimersi con i propri rituali e tradizioni. non promuovere aspetti di una determinata cultura. anche perchè capisco che da un lato vengano implementati aspetti più simbolisti o esoterici di culture esotiche per far fronte alla logica ferrea del mondo occidentale che è stata impiantata da qualche secolo, ma se ci pensiamo anche i nostri aspetti culturali che hanno radici solide nella superstizione sono state rivalutate: si pensi alle ultime collezioni di D&G. ripeto, capisco il concetto di appropriazione culturale, ma non lo userei per giudicare le azioni delle masse. bensì quelle dei pochi grandi imprenditori che cercano di denaturare le tradizioni di altri popoli per fare ammenda per il passato. il passato è passato, cerchiamo di costruire un futuro migliore come umani, non come razze.
Adoro i tessuti sgargianti africani, è da tempo che vorrei farmi fare un abito su misura!
nella mia zona c’è un sarto che arriva dal Senegal. ordina i tessuti da lì. se lo cerchi su facebook si chiama “Colori del Senegal”. non so se sia vicino a dove abiti tu però.
Appunto, io non dico che tutto sia apropriazoone culturale, anzi io credo che il futuro deva venire della convivenza e L’arricchimento culturale. Ma giusto pensando a i grandi brand è quando mi chiedo queste domande. Qualche hanno fa qua in Spagna un brand (non ricordo il nome ma comunque era una disegnatrice di borse conosciuta) ha fatto una collezione di borse bellissime vendendole come qualcosa di originale, invece erano state “rubate” a un grupo nativo guatemalteco, senza rispetto del origine delle decorazione dei tessuti, del senso religioso di quelle borse… di questo parlo, evidentemente no delle ragazzine che si fanno le treccine. Però io penso che quando una cultura adotta elementi di un’altra dovrebbe farlo di forma rispettosa è consapevole che non è solo moda ma che dietro a tanto altro.
Grazie mille, sei molto gentile. Ho già trovato un posto nella mia citta, devo solo decidermi!
prego!
concordo. infatti rendendo pubblica la fonte delle ispirazioni si può far conoscere altre culture a chi acquista. purtroppo ci sono molte persone che scambiano l’ispirazione di alcuni per appropriazione culturale, e pensavo che fosse importante dire la mia. in quel caso avrebbero potuto farsi aiutare nella realizzazione da nativi che erano in grado di lavorare la pelle e i materiali del brand e sponsorizzare attività locali se ce ne sono, così il brand poteva prendere un’impronta fair-trade e avere il proprio design carino e tutto. avevo sentito di questa notizia.
Stupende le treccine…sulle ragazze nere.
So che mi attirero’ qualche antipatia, ma proprio non posso soffrire treccine e rasta sulle persone di origine caucasica. Secondo me non donano e danno un che di trasandato.
Esatto …e’ come se in Asia cominciassero ad usare rosari e crocifissi come ornamento. Che poi gia’ lo faceva Madonna per dire.
Prova un po’a metterti un Buddha o altro e si incavolano.
Secondo me si dovrebbe avere un po’ di rispetto per le culture e credenze di altri popoli. Poi lo dico io che mi definisco atea, pero’…
Hmmm… mi chiedo sempre dove finisca la curiosità e dove inizi l’appropriazione culturale.
Acconciature, abbigliamento, monili e quant’altro, nel corso della Storia hanno identificato i popoli, la loro cultura, la loro religione, il loro modo di intendere la vita e l’interazione delle persone in clan, villaggi, tribù.
E’ giusto studiare le culture altrui, per capire meglio l’essere “altro” da da noi caucasici, che peraltro abbiamo le nostre ben definite origini, antropologiche e culturali: le stesse che già per esempio in Italia ci insegnano a scuola, leggendo i classici, imparando il latino ed il greco antico.
Traducendo Cicerone io entro nel mondo dell’antica Roma, ne respiro l’anima, che ha cavalcato i secoli.
Leggendo l’Iliade o una tragedia di Euripide imparo qualcosa sulla cultura greca, mi imbevo della filosofia, dell’arte del pensiero.
La stessa cosa per i popoli Africani è tramandare leggende e culti, magari anche attraverso una stoffa.
I Maori hanno raccontato per secoli la storia delle loro tribù attraverso i tatuaggi: incisi nella pelle con una tecnica particolare (ben diversa da quella moderna) e con disegni specifici, differenti dai tattoo che vediamo sui corpi occidentali.
L’acconciatura laccata di una maiko è differente da quella di una geisha.
Le treccine rasta hanno il significato che Clio ha spiegato in questo post.
Per quanto mi riguarda, io posso ADORARE i kimono giapponesi, ma non ne indosserei mai uno: questo perché non fanno parte del mio background culturale.
Anche un semplice vestito “parla”, racconta una storia, spiega un ceto sociale: ha un vissuto, insomma.
Cosa c’entro io con un sari indiano?
Cosa c’entra un milanese con il tatuaggio di una tribù maori?
Cosa c’entra un inglese wasp con le treccine rasta?
Apprezzare una cultura diversa, magari studiandola ed approfondendola, per curiosità personale, per amore del sapere, per meglio capire l’animo dell’amico originario della Nigeria o della fidanzata giapponese, secondo me, non vuol dire scimmiottarli nei vestiti, nelle acconciature, nei monili.
Io la penso in questo modo.
Rispetto l’altro, come è giusto che sia: e proprio perché lo rispetto, da caucasica con cultura classica non mi approprio di ciò che non è mio, perché lo svilirei, lo priverei del suo significato, della sua valenza, del suo potere culturale.
premesso che rispetto la tua opinione ed il tuo punto di vista e li condivido in un certo senso, è proprio per quella storia che a me, ad esempio, non sembra così strano indossare un sari o altro. quello che mi piace di meno è l’aspetto tradizionale di una cultura sfruttato con ignoranza. se viene fatto presente che ci si ispira al popolo X, o che un tal vestito è di un determinato popolo ed ha una storia o un significato che sento vicino, mi invoglia ad usarlo. ad esempio non sono buddhista ma ho preso un rosario buddhista ad una fiera. ai tempi non ne conoscevo il significato ma ne rispettavo il valore spirituale. lo tengo come un oggetto prezioso, sto attenta che non si rovini (infatti adesso che si suda non lo metto XD) e quando lo indosso di solito, non so se per effetto placebo o meno, mi rendo conto giorni dopo che quel giorno mi sono sentita meglio, e che tendenzialmente la giornata è andata meglio di quelle in cui non lo metto. dipende tanto dal significato che diamo alle cose. mi va bene apprezzare una cosa perchè è carina, ma sarebbe meglio apprezzarla dandole un valore che vada al di sopra dell’essere alla moda. io noto e ho notato negli anni, che molte ragazze ad esempio che magari hanno amiche che sembrano essere sud-africane hanno le box-braids. magari hanno le mamme che le fanno a tutte le amiche delle figlie e sembrano ben felici di condividere un aspetto del loro Paese natio. o le gothic lolita che mettono appunto i crocifissi senza essere cristiane. io sono così, almeno. mi spiace che magari sembra che voglia impormi, ma sono argomenti di cui ho poche occasioni di discutere 🙂
Già…..
Raga…. il “piuttosto che” non si usa così – controllate il testo dell’articolo per correggere questo comunissimo (sic!) errore grammaticale!
Quando andai in Africa, 14 anni fa, mi feci le treccine: le ho amate alla follia!! erano comodissime e super belle! anche se dopo, una volta sciolte, i capelli erano un po’ danneggiati, ma pensavo peggio.
I rasta mi fanno ribrezzo da morire: non si riescono a lavare e non si possono sciogliere! mi sanno proprio da sporco, e mi sembrano le cacche dei gatti….