Intorno alla fertilità, sin dalla notte dei tempi, si è sviluppato un mondo di credenze, riti, convinzioni e in seguito studi. Il ventre materno è sempre stato visto come origine della cosa più preziosa che l’uomo possa avere: la vita. Partendo dal paleolitico, in cui gli antichi si rivolgevano alle veneri di pietra. Passando poi per l’antico Egitto, dove l’utero veniva messo sotto la protezione della dea Tjenenet, sino ad arrivare ai giorni nostri, dove ci si rivolge per esempio, alla Sedia della Fertilità di Napoli.
La vita e la sua origine rappresentano il grande meraviglioso mistero di questa esistenza, che l’uomo da sempre ha cercato di risolvere e allo stesso tempo di conservare e incrementare attraverso rituali e divinazioni. Oggi vorremmo vedere insieme 6 curiosità sulla fertilità che appartengono sia alla storia passata che al nostro presente. Se siete curiose, continuate a leggere il post!
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LA FERTILITÀ E LE VENERI PALEOLITICHE
Nel corso degli anni vi sono stati molteplici e importanti ritrovamenti archeologici. Tra i più antichi annoveriamo sicuramente le Veneri Paleolitiche, ovvero delle piccole statuette che si presume risalgano all’età preistorica.
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Questi oggetti, ritrovati in diverse località europee, rappresentano dei corpi femminili con caratteristiche fisiche prorompenti.
LE INTERPRETAZIONI SUL LORO SIGNIFICATO SI BASANO SU DELLE IPOTESI
Poiché gli attributi raffigurati sono molto pronunciati ecco che si fa spazio l’idea che la piccola statua non sia altro che l’oggetto della venerazione della nascita e della vita, atto religioso attraverso il quale gli uomini e le donne preistoriche chiedevano alla Dea Madre dei figli attraverso dei riti di fertilità.
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L’ANTICO EGITTO: DALLA PURIFICAZIONE ALLA PROTEZIONE DELLA DEA TJENENET
Nell’antico Egitto la fertilità ricopriva un ruolo di spicco dal punto di vista sociale. Attorno al mondo della maternità si sviluppò un insieme di pratiche, rituali e credenze.
Partendo dal momento del ciclo mestruale, in Egitto, come in altre parti del Medio Oriente, era un periodo di tempo durante il quale la donna si purificava. Quest’ultima non poteva dunque fare niente dal punto di vista fisico, né tantomeno avvicinarsi nei luoghi sacri. Tutto questo perché si riteneva che il corpo stesse eliminando gli elementi impuri celati sino a quel momento nel profondo.
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Dopo essere rimasta incinta, la donna e più precisamente l’utero passavano sotto la protezione della dea della fertilità, Tjenenet. Interessante è l’assistenza medica che riceveva la futura madre.
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Il suo corpo infatti, veniva unto con oli ritenuti benefici, contenuti in piccole boccette che ricreavano la forma del corpo femminile.
QUANDO L’ECOGRAFIA NON ESISTEVA ANCORA..
Al giorno d’oggi conoscere il sesso del nascituro è relativamente facile. Una semplice ecografia e se il bambino si trova in una posizione favorevole, nel giro di qualche minuto, sappiamo se si tratta di un maschio o di una femmina.
Non è sempre stato così: partendo dall’antico Egitto, passando per la Grecia e poi Bisanzio, sino ad arrivare all’Europa medievale, per conoscere il sesso del bambino si ricorreva ad un metodo naturale in tutti i sensi.
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Dopo aver messo in un panno dei semi di orzo e grano, si metteva la bustina a bagno nell’urina della donna incinta e si aspettava di vedere quale dei due semi avrebbe germogliato prima.
Il germoglio dell’orzo significava figlio maschio, al contrario, il germoglio del grano voleva dire che si era in attesa di una figlia femmina.
Quando studi per diventare antropologa è praticamente impossibile non imbattersi in qualche etnografia dove si parla di sessualità femminile, fertilità o maternità di determinate aree culturali. Ad esempio presso le popolazioni rurali hadiya in Etiopia, ancora oggi le donne sterili sono temute perché la “diversità” di non essere madre può renderle invidiose e capaci lanciare maledizioni particolarmente potenti; però allo stesso tempo le altre donne un po’ le invidiano perché la sterilità significa pure libertà dagli obblighi familiari e dai condizionamenti sociali pesanti.
Anche chi fa troppi figli non è ben vista perché viene paragonata ad un animale selvatico che risucchia continuamente le risorse della famiglia e della comunità.
La gravidanza in pratica è una prova di forza: all’avvicinarsi del termine ci sono periodi di digiuno e durante il parto, assistito da levatrice e da altre donne parenti e non, è meglio che la donna non urli perché agli occhi delle altre passerebbe per una smidollata (c’è ancora molta diffidenza ad andare in ospedale e comunque anche quello viene interpretato come segno di debolezza).
Ma non serve andare troppo lontano per trovare riti bizzarri legarti alla maternità: in un’etnografia molto famosa sulla Basilicata degli anni ’30 Ernesto De Martino (il padre dell’antropologia italiana) parla di come, a parto avvenuto, si lavasse la placenta nel fiume per poi stufarla e somministrare il brodo ottenuto alla puerpera, a fini magici/protettivi.
Gli esseri umani sono gente strana 🙂
Oddio la cosa della placenta mi fa venire in mente le mamme pancine D:
Sì, il problema è che le pancine vivono in una società dove in teoria non sarebbero più contemplate certe superstizioni e soprattutto dove le informazioni sono accessibili a tutti. In più, essendo membri di una comunità relativamente agiata, non sussiste nemmeno la necessità di mangiare la placenta per recuperare le energie come fanno altri mammiferi.
La tua spiegazione è perfetta!