LA STORIA DELLA FERTILITÀ PER GLI IBO DELLA NIGERIA

La cultura della fertilità per il popolo Ibo della Nigeria è legata alla dea Ala. È una delle divinità più importanti, per chi naturalmente non è monoteista.

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Ala o altrimenti chiamata anche Ane e Ale è la dea madre, dea creatrice e regina dell’aldilà. Oltre a regnare sulla legge e sulla moralità, è la protettrice delle donne e dei bambini ed è la divinità della fertilità. 

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Lei donna potente, viene spesso raffigurata con un bambino tra le braccia e il suo simbolo è la luna crescete. Ogni anno gli Ibo le rendono omaggio con il festival Yam poiché da lei e grazie a lei, per questo popolo, ha origine la vita.

LAKSHMI LA DEA BENEVOLA DELLA MITOLOGIA INDUISTA

Tra le varie divinità appartenenti alla mitologia induista, spicca la figura di Lakshmi, dea dell’abbondanza, della luce, della saggezza, della fortuna, della bellezza e della fertilità. 

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Madre dell’universo, è venerata da tutti quelli che desiderano abbondanza economica nelle loro vite o che vogliono mantenere le proprie ricchezze. 

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La tradizione insegna che la dea visiti solo case pulite e ordinate abitate da persone volenterose che lavorano, al contrario la divinità evita di visitare le case sporche appartenenti a persone oziose. 

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In suo onore si celebra la Diwali ovvero la festa delle luci, durante la quale ogni casa mette delle candele alle finestre pregando la dea di passare, portando benedizione e esaudendo le preghiere dei fedeli.

È VENERATA DAI GIANISTI E DAI BUDDHISTI

Lakshmi è anche la dea della purezza, ci si rivolge a lei per richiedere la felicità e la salute. L’abbondanza sotto il controllo di questa dea racchiude diversi aspetti oltre a quello economico, tra i quali quello familiare.

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Lakshmi infatti diventa il punto centrale verso il quale si rivolgono le attenzioni degli uomini quando nasce nella famiglia il desiderio di avere una progenie, a lei vengono rivolte le preghiere per essere fertili e avere dei figli.  

LA SEDIA DELLA FERTILITÀ DI NAPOLI

Non c’è bisogno di andare molto lontano per scoprire un altro curioso e interessante rituale eseguito da chi desidera una gravidanza. 

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A Napoli infatti, nei pressi dei Quartieri Spagnoli, vi è una chiesa che prende il nome di Chiesa di Santa Maria Francesca. Dirigendosi verso l’abitazione, che un tempo era della Santa, troveremo una sedia che prende il nome di Sedia della Fertilità.

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Credits: napolinlove.it

Ogni anno accorrono fedeli che chiedono l’intercessione della Santa per avere una progenie. Il tutto ha un significato intrinseco e profondo. La posizione sulla sedia raffigura l’attesa, l’abilità, la capacità e il coraggio di stare fermi e saldi, nel trambusto della quotidianità, nel mare interiore che potrebbe travolgerci. 

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Questa postura invita e richiama a ritrovare il proprio io, la propria pace e la calma. Il legame tra la fecondità e la sedia ha origini antiche, simbolo da sempre della maternità e femminilità.

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Credits: blogcamminarenellastoria.wordpress.com

Basti pensare alle Madri di Capua, statue assise con in grembo un bambino. Questo concetto poi è stato trasportato nelle varie culture e religioni del mondo. La figura di una donna che stringe tra le braccia il suo amore più grande è diventata così l’immagine emblema della fertilità e maternità.

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Se amate i post dal retrogusto storico, ecco qualche contenuto che potrebbe fare al caso vostro:

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Ragazze, per oggi abbiamo finito! Conoscevate il metodo egizio per determinare il sesso del nascituro? Cosa pensate della Sedia della Fertilità di Napoli? Cosa avete trovato particolarmente interessante? Fateci sapere tutto nei commenti! Un bacione dal vostro TeamClio!

4 COMMENTI

  1. Quando studi per diventare antropologa è praticamente impossibile non imbattersi in qualche etnografia dove si parla di sessualità femminile, fertilità o maternità di determinate aree culturali. Ad esempio presso le popolazioni rurali hadiya in Etiopia, ancora oggi le donne sterili sono temute perché la “diversità” di non essere madre può renderle invidiose e capaci lanciare maledizioni particolarmente potenti; però allo stesso tempo le altre donne un po’ le invidiano perché la sterilità significa pure libertà dagli obblighi familiari e dai condizionamenti sociali pesanti.
    Anche chi fa troppi figli non è ben vista perché viene paragonata ad un animale selvatico che risucchia continuamente le risorse della famiglia e della comunità.
    La gravidanza in pratica è una prova di forza: all’avvicinarsi del termine ci sono periodi di digiuno e durante il parto, assistito da levatrice e da altre donne parenti e non, è meglio che la donna non urli perché agli occhi delle altre passerebbe per una smidollata (c’è ancora molta diffidenza ad andare in ospedale e comunque anche quello viene interpretato come segno di debolezza).
    Ma non serve andare troppo lontano per trovare riti bizzarri legarti alla maternità: in un’etnografia molto famosa sulla Basilicata degli anni ’30 Ernesto De Martino (il padre dell’antropologia italiana) parla di come, a parto avvenuto, si lavasse la placenta nel fiume per poi stufarla e somministrare il brodo ottenuto alla puerpera, a fini magici/protettivi.
    Gli esseri umani sono gente strana 🙂

  2. Sì, il problema è che le pancine vivono in una società dove in teoria non sarebbero più contemplate certe superstizioni e soprattutto dove le informazioni sono accessibili a tutti. In più, essendo membri di una comunità relativamente agiata, non sussiste nemmeno la necessità di mangiare la placenta per recuperare le energie come fanno altri mammiferi.

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