Se non l’avete ancora visto, fatevi un grande regalo e andate al cinema: il film “C’è ancora domani”, diretto e interpretato da Paola Cortellesi al suo esordio come regista, presentato in anteprima come film di apertura alla Festa del Cinema di Roma 2023, è nelle sale cinematografiche dallo scorso 26 ottobre 2023.
Tra gli altri attori protagonisti, oltre alla stessa Cortellesi che interpreta Delia, troviamo anche Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Romana Maggiora, Emanuela Fanelli e uno straordinario Valerio Mastandrea che interpreta magistralmente il (difficile) ruolo di Ivano, il marito di Delia. Una storia che tratta il tema della violenza e del maltrattamento delle donne, mostrando come l’abuso di genere possa perpetuarsi tra le generazioni. Una violenza evidente, ma, allo stesso tempo, non mostrata: la delicatezza della Cortellesi emerge proprio nella scelta di non far vedere le scene di violenza fisica in maniera diretta che, invece, vengono trasformate quasi in scene da musical.
In questo post il Dottor Femia, Psicologo, Psicoterapeuta, Psicodiagnosta. Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) e dell‘Associazione di Psicologia Cognitiva, ci parlerà di tutto quello che c’è da sapere sul film “C’è ancora domani” in un’attenta recensione, ricca di interessanti e utilissimi spunti di riflessione anche sui simbolismi presenti nella storia. L’argomento vi ha incuriosite? Allora lasciamo subito la parola al Dottor Femia.
Credits: @visionfilmdistribution Via Instagram. In questa immagine, la locandina del film
“C’È ANCORA DOMANI”, IL FILM DIRETTO E INTERPRETATO DA PAOLA CORTELLESI AFFRONTA IL TEMA DELA VIOLENZA E DEL MALTRATTAMENTO DELLE DONNE
“Paola Cortellesi, nel suo esordio come regista con il film “C’è ancora domani” ambientato nella Roma del dopoguerra, affronta il tema della violenza e del maltrattamento sulle donne mostrando come l’abuso di genere rischi di perpetuarsi di generazione in generazione.
Credits: @visionfilmdistribution Via Instagram. In questa immagine i riconoscimenti ottenuti dal film alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma
La ‘bomba’ di resilienza, lanciata con maestria da Cortellesi, ci dimostra come disintegrare i retaggi culturali e cambiare il percorso degli eventi, non solo nella trama, ma anche negli occhi di chi guarda.
Credits: @visionfilmdistribution Via Instagram. In questa immagine Paola Cortellesi alla Festa del Cinema di Roma
“C’È ANCORA DOMANI”: LA TRAMA
Nel 1946, a Roma, Delia è moglie e madre di tre figli, in casa si occupa anche del suocero infermo.
Maltrattata dal marito e spesso picchiata, Delia non ha coraggio di ribellarsi a un sistema che sa sbagliato, ma spera in un futuro migliore per sua figlia Marcella che sta per sposarsi con un ragazzo di buona famiglia.
Delia non è consapevole di quanto in realtà in lei ci sia la forza necessaria a squarciare il velo di indifferenza che azzittisce le donne.
La sua arma più potente si nutre proprio del modo in cui la protagonista resiste a tutto quel dolore, preservando la bellezza con la quale osserva le cose. Delia lavora e conserva i suoi soldi. Rassetta, cuce, ripara e rammenda e nel frattempo coltiva delle relazioni che non la lasceranno sola.
Fino a che un giorno l’arrivo di una lettera minaccia/promette di sovvertire tutto quanto, e una serie di reazioni a catena sorprendenti condurranno a un finale inaspettato.
La protagonista, che vive una vita apparentemente come tante altre, è in realtà una mina vagante che rischia di esplodere in ogni momento. Ed è proprio questa tensione a rapire spettatori e spettatrici.
Sono due gli scenari temuti che nutrono il pathos della pellicola: la rabbia della figlia Marcella che non vuole essere come la madre, sottomessa, abusata, povera e poco coraggiosa, e che si vergogna dei propri genitori: del padre che beve troppo, della mamma che è succube e non si ribella ai soprusi del marito, soffrendo per l’impotenza a fare qualsiasi cosa. L’impossibilità di intervenire e proteggere la madre alimenta in sé rabbia e senso di colpa.
E d’altra parte poi c’è “la mamma” Delia che non vuole in nessun modo che la figlia sia come lei, sofferente e legata ad un uomo abusante. Due scenari che tormentano le due vere protagoniste femminili, mentre il maschile violento viene umiliato nella sceneggiatura, sottomesso dalla forza di una donna che fra autosacrificio e resilienza, sconfigge tutti con audacia.
Un tema centrante questo del rapporto madre-figlia che all’inizio sembra una condanna, ma che si rivela poi la chiave per liberarsi dalla stessa catena e spezzare l’automatismo della violenza”.