Molte diete falliscono proprio a causa dell’Emotional Eating, la “fame emotiva”. Non sempre mangiamo per soddisfare la fame, anzi, molte volte usiamo il cibo per sollevarci dallo stress o per superare emozioni negative come la tristezza, la solitudine o la noia. Ed è proprio questo l’Emotional Eating: mangiare per sentirci meglio.
Questa “fame emotiva” è una condizione molto comune e probabilmente ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha mangiato qualcosa non tanto per una necessità fisica, quanto perché ce lo chiedeva il cervello. Ma quando l’Emotional Eating può diventare un problema? Come possiamo controllare questo impulso? Se volete scoprirlo, non vi resta altro che andare avanti a leggere il post!
CHE COS’È L’EMOTIONAL EATING, LA “FAME EMOTIVA”?
L’Emotional Eating è il corrispondente italiano di “alimentazione emotiva” o “fame emotiva”. Si tratta di un comportamento caratterizzato dallo sfogo sul cibo come reazione ad una situazione emotiva di una certa entità.
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Quindi, anche in assenza dello stimolo della fame, una persona cerca e utilizza il cibo per rassicurarsi, sciogliere le tensioni, coccolarsi e distrarsi.
PERCHÉ IL CIBO VIENE RICERCATO ANCHE SENZA STIMOLO DELLA FAME?
Mangiare è un bisogno primario, come idratarsi e dormire, ma al giorno d’oggi non è più soltanto una necessità. Se una volta il cibo veniva inteso come un carburante per fare funzionare bene l’organismo, oggi assume tantissime sfumature e significati diversi. Infatti è anche una fonte di piacere, di gratificazione e di conforto.
Non a caso è nato il termine comfort food, che sta proprio ad indicare quegli alimenti e quei piatti a cui ricorriamo per soddisfare un bisogno emotivo.
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QUAL È IL CONFINE TRA IL SANO LANGUORINO E L’EMOTIONAL EATING?
Capita a tutti di aver voglia di mangiare qualcosa in particolare, per sfizio o per placare un languorino, per esempio un pezzo di cioccolato dopo il pranzo o un biscotto la sera davanti alla TV.
Occasionalmente, utilizzare il cibo per tirarsi su di morale, come ricompensa o per festeggiare, non è necessariamente una brutta cosa. Il confine viene stabilito dall’intensità del comportamento e dalla frequenza con il quale si presenta.
Se si tratta di episodi che avvengono sporadicamente e durante i quali si mangia un alimento in quantità limitata, si tratta di un “sano languorino”.
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Se invece le occasioni diventano frequenti e la quantità di cibo che viene assunta è abbondante, trasformandosi in vere e proprie abbuffate, è un problema.
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Quando il mangiare diventa il primo meccanismo per affrontare le emozioni, quando il primo impulso è quello di aprire il frigo perché siamo stressati, turbati, stanchi o arrabbiati, vuol dire che si è attivato un pessimo ciclo vizioso in cui i sentimenti non vengono affrontati nel modo giusto.
QUALI SONO GLI ALIMENTI CHE VENGONO PRESI DI MIRA NELL’EMOTIONAL EATING?
Gli alimenti che vengono maggiormente ricercati sono sempre molto appetibili, con un elevato potere calorico, ricchi di carboidrati e grassi.
CIOCCOLATO, PANE, PATATINE, FAST FOOD: QUESTI SONO GLI ALIMENTI PREFERITI DAGLI EMOTIONAL EATERS
Si tratta infatti di dolci, cioccolato, pane, patatine e snack, oppure di cibo da fast food. Questi alimenti, appena assunti, provocano una sensazione di piacere, riducendo rabbia e tensione. Tuttavia, essendo in genere poco voluminosi, vengono mangiati piuttosto rapidamente, quindi al cervello non arriva il segnale di sazietà nell’immediato.
Esiste inoltre una memoria che viene definita “implicita”. Dopo aver mangiato un alimento che ha dato una sensazione di benessere e piacere, questo episodio viene immagazzinato in una memoria automatizzata. In questo modo quel determinato cibo verrà associato alle belle sensazioni e ogni volta che sopraggiunge un momento di stress, rabbia, frustrazione o tristezza, il cervello attiverà quel ricordo. Il risultato? Ci si troverà a mangiare quell’alimento in men che non si dica, senza nemmeno rendersene conto!
Inoltre, spesso accade che dopo la sensazione di piacere arrivino altre emozioni: vergogna, sconforto e sensi di colpa. Questo perché i sentimenti che hanno portato a mangiare sono ancora presenti ma non sono stati affrontati nel modo giusto e perché ci si rende conto del “danno” fatto mangiando una grande quantità di cibo (e calorie!).
Io ho avuto periodi che più che per stress mangiavo per noia, soprattutto quando andavo a scuola! Poi ora lavorando se cibo non ce n’è non ho neanche la tentazione di mangiarlo xD
Io invece quando ho una preoccupazione o uno stress abbastanza forte, quindi non per cavolate, ho il problema contrario, mi si chiude proprio lo stomaco.
Infatti 2 mesi fa che sono stata lasciata dopo 6 anni di relazione ho fatto un mese che mangiavo come un canarino (infatti ho perso 5 chili ed ora non arrivo nemmeno ai 50 kg). Ora sono tornata a mangiare di più, fortunatamente, avevo iniziato a preoccuparmi!
Invece nel periodo della maturità (ormai quasi 4 anni fa!!!) mangiavo come un bue per lo stress ma dimagrivo lo stesso, pesavo 44 chili infatti e i professori mi chiedevano se mangiavo… Poi mi sono ripresa e ho rimesso su 5 chili
Ciao @cliomakeup-b2385ae6de2a909f2ad7b45f9922af69:disqus, grazie per aver condiviso la tua esperienza con noi, ti mandiamo un grande bacio!
Conosco il problema, quando mi sento amata e accolta niente fame emozionale, se sono stressata o in ansia parte il pezzetto di pane o il cracker, per fortuna niente abbuffate!