I ricordi giocano un ruolo fondamentale nella formazione della nostra psicologia e personalità. Essi non solo costituiscono la base della nostra identità, ma influenzano anche il nostro comportamento, le emozioni, le relazioni e il modo in cui interpretiamo il mondo.
Spesso, però, si tende a dare maggiore peso e attenzione alle esperienze negative rispetto a quelle positive, facendo diventare queste memorie negative indelebili e delle ossessioni. In questo post della sua rubrica sul Blog ClioMakeUp il Dottor Femia, Psicologo, Psicoterapeuta, Psicodiagnosta, Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) e dell‘Associazione di Psicologia Cognitiva, ci parlerà della potenza dei ricordi nella nostra psicologia e della tendenza a focalizzarsi sui ricordi negativi. Inoltre, ci darà utili consigli su come potremmo, diversamente, fare leva sulle memorie positive e dare importanza ai ricordi buoni. Siete curiose? Lasciamo subito la parola al Dottor Femia.
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LA POTENZA DEI RICORDI NELLA NOSTRA PSICOLOGIA
I ricordi sono come sassolini che compongono una strada di memorie e significati, ma soprattutto di coerenza e conoscenza di sé stessi. I ricordi della nostra infanzia assumono un valore speciale e spesso si riattivano nella nostra attuale psicologia.
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Ricordare ci aiuta a comprendere da dove veniamo e dove abbiamo sbagliato, o ancora quanto siamo stati amati e sostenuti e dove, o se, abbiamo conosciuto la delusione o la rabbia, la tristezza o il pianto. Spesso tendiamo a ricordare solo le cose brutte che ci sono accadute o che ci hanno segnato. Le esperienze negative richiedono molta energia e spesso producono più pensieri e preoccupazioni. Alcune memorie diventano salienti, altre indelebili e altre ancora delle ossessioni. Spesso da un solo ricordo doloroso si avvia un processo di sofferenza che non si ferma più.
SPESSO SI TENDE A FOCALIZZARSI SUI RICORDI NEGATIVI
Eppure, talvolta trascuriamo le nostre memorie nutrienti, quelle esperienze che ci hanno dato amore, quelle gioiose e giocose. Per un meccanismo tutto psicologico, in ansia per i nostri malesseri, preoccupati, ci focalizziamo sui ricordi negativi quasi in modo arbitrario, confirmatorio, pratichiamo una selezione delle memorie cattive che andrebbero a giustificare o legittimare le nostre angosciose paure o la nostra rabbia o ancora il rancore che spesso vive appunto nel passato, abita torti lontani che ancora ci rimbombano in testa. I ricordi creano una rappresentazione semantica di noi stessi, del rapporto con gli altri significativi e con il mondo ambiente.
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Dai ricordi di specifici momenti risalgono non solo i nostri temi dolorosi, ma spesso le credenze che andiamo a strutturare circa noi stessi: del nostro valore, delle nostre abilità sociali e del nostro gradiente di amabilità e piacevolezza.
I RICORDI SONO CENTRALI NELLA COSTRUZIONE DI SIGNIFICATI E CONVINZIONI
Dunque, spesso i nostri disagi si acuiscono sulla base di memorie dolorose che si fanno ancora e spesso sentire o che ci portano a sovra-reagire ai piccoli fatti del quotidiano che innescano emozioni simili a quelle sperimentate e che risuonano in un volano psicologico che ci rivede feriti, soli, traditi, angosciati, impacciati. Le memorie costruiscono schemi di riferimento che adoperiamo per prevenire la realtà, i fatti e da cui si attivano processi di anticipazione della probabilità di alcuni eventi temuti e da cui si avviano aspettative e credenze rispetto al mondo.
Ma seguendo questa linea di analisi che vede i ricordi come centrali nella costruzione di significati e convinzioni, forse, potremmo diversamente fare leva sulle memorie positive? Forse così potremmo promuovere sollievo o addirittura tentare di neutralizzare la negatività che si avvia dai ricordi brutti, nefasti, dolorosi, traumatici?
L’IMPORTANZA DEI RICORDI POSITIVI PER NON INDENTIFICARSI SOLO IN QUELLI NEGATIVI
I ricordi positivi promuovono un buon senso di auto/efficacia, una sensazione generale di amabilità e di appagamento dei propri bisogni emotivi di base, di riconoscimento e validazione emotiva.
Ricostruire le memorie di ricordi buoni potrebbe, dunque, essere un buon esercizio per non identificarsi con quelli brutti – potrebbe rappresentare una risorsa che ci orienta al benessere e che abilita le emozioni positive: da quei ricordi piacevoli si avviano ancora sensazioni ed emozioni di gioia,soddisfazione, e protezione. Generalizzare i ricordi positivi potrebbe essere virtuoso, promuovendo, quindi, una psicologia positiva e/o propositiva.
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Identificarsi con le memorie negative e dolorose rischia di innescare, invece, circoli viziosi di ragionamento e comportamento che confermano schemi poco adattivi e rappresentazioni negative di sé, degli altri e del mondo.
Quando ci troviamo a pensare a situazioni dolorose, a storie chiuse, ad un passato che ci attanaglia, avremmo dunque in alternativa anche la possibilità di accedere a quei ricordi buoni che, invece, ci consolano, rallegrano – che in qualche senso leniscono i nostri dolori, le nostre sofferenze, i nostri timori.
PERCHÉ TENDIAMO A DARE PIÙ IMPORTANZA AI RICORDI NEGATIVI?
Perché siamo tanto affezionati ai ricordi negativi? Quante volte ci capita di trascurare i nostri ricordi di gioco, di spensieratezza, di amore? E i ricordi negativi quanto possono essere modificati o ridimensionati oppure ri-scritti nel loro spaventevole contenuto emotivo?
Ad esempio, nei momenti di lutto, di conflitto o di perdita spesso accade di ricordare facilmente momenti spiacevoli di malattia, esasperazione, delusione e di non ricordare quasi più quello che c’era di bello – di piacevole – di focalizzarci solo sulla perdita e sul vuoto non riuscendo più a vedere la pienezza di alcuni momenti e di quanto ci abbiano segnati e sostenuti. Spesso di fronte alla perdita dimentichiamo quel buono connesso al rapporto con la persona amata e/o con il familiare perso, ci concentriamo sui momenti terminali della disperazione e dell’angoscia, quasi non ricordiamo più quei momenti che ci hanno cullati e protetti. Invece nelle fasi di elaborazioni ed accettazione della perdita potrebbe essere terapeutico provare a ricostruire i momenti positivi e le emozioni di gioia associati alla persona persa: questo processo potrebbe esasperare i sentimenti di disperazione e, allo stesso tempo, ridare senso al rapporto fino a far rivivere i buoni sentimenti e il legame cosi da riempire il vuoto e diminuire il senso di inesorabile e assoluta perdita.
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Alcune cose non le perdiamo mai, nei ricordi riviviamo quei bei momenti, quei luoghi di amore e appartenenza. Fare una scorpacciata di ricordi positivi ci aiuta a curare la nostra rabbia, diventano le memorie buone una sorta di rimedio, di antidoto alla sofferenza e al senso di solitudine che alcune esperienze ci costringono a sperimentare.
UTILI CONSIGLI SU COME DARE VALORE AI RICORDI BUONI E POSITIVI
- Costruire un diario di ricordi buoni e momenti piacevoli di serenità, gioco e amore;
- Osservare le emozioni connesse a quei ricordi buoni – visualizzare i propri ricordi buoni nei momenti di difficoltà e immergersi nelle sensazioni di amore e piacevolezza;
- Comportarsi in linea con quei ricordi positivi;
- Riflettere sulla tendenza a focalizzarsi sui ricordi negativi e dolorosi a discapito delle nostre memorie positive.
Consiglio di lettura:
Giuseppe Femia, Natalina teneva le fila. Il ponte rosso e le storie che curano (link affiliato).
Firma
Dott. Giuseppe Femia, Psicologo, Psicoterapeuta, Psicodiagnosta, Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) e dell‘Associazione di Psicologia Cognitiva (APC), Socio Sitcc – Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva.
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Speriamo che questo post del Dottor Femia vi abbia fatto riflettere sull’importanza e sulla potenza dei ricordi nella propria psicologia e nel percorso di vita di ogni persona. Condividete il post con tutto coloro a cui potrebbe essere utile. Un bacione dal TeamClio!