LA VENDITA DEI MARCHI DI LUSSO SPESSO VALORIZZA I BRAND STESSI
Nonostante le polemiche è importante ricordare che il passaggio di proprietà dei marchi di lusso italiani si è spesso tradotto in investimenti e in ulteriore crescita senza la perdita di lavoro in Italia.
Credits: @toghedesta.it
Un esempio su tutti è quanto è successo al marchio piemontese delle lane di pregio Loro Piana, entrato a far parte del gruppo Lvmh nel 2013. Pochi giorni fa Pier Luigi Loro Piana, uno dei membri della famiglia che detiene il 15% della società, ha dichiarato che la partnership con Lvmh è positiva e ha sottolineato che gli operai si trovano ancora tutti in Valsesia.
Gli investitori stranieri seri infatti sono i primi a sapere che un certa tipologia di lavorazione non è trasferibile o delocalizzabile e quindi scelgono di mantenere le fabbriche in Italia.
AL MADE IN ITALY VIENE IMPUTATO UN PROBLEMA DI DIMENSIONI
Il confronto tra la maggior parte del marchi italiani, salvo rare eccezioni, con i gruppi stranieri concorrenti è spesso impari e l’eventualità che le aziende nostrane finiscano per diventare straniere è sempre più alta.
La sfilata autunno-inverno 2018/2019 di Ferragamo
Da settimane, per esempio, si vocifera della cessione di Ferragamo, anche se la famiglia proprietaria ne avrebbe smentito la vendita: i rumors raccontano che il brand sarebbe nel mirino di Lvmh.
I MARCHI DELLA MODA MADE IN ITALY PASSATI ALL’ESTERO
Le cause di questo fenomeno sono tantissime: negli ultimi anni infatti sono molti i marchi di moda made in Italy passati all’estero.
Lvmh include,tra gli altri, anche Dior, Kenzo e Givenchy
Oltre a Loro Piana sono entrati a far parte del gruppo Lvmh anche Bulgari, Fendi, Emilio Pucci e le essenze di Acqua di Parma: la società ha chiuso il 2017 con un fatturato complessivo di 42,64 miliardi di euro.
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Tra le altre cessioni storiche non possiamo dimenticare quella di Gucci venduta al gruppo Kering che possiede anche Bottega Veneta, Brioni e Pomellato. Valentino è da tempo saldamente nelle mani del fondo del Qatar Mayhoola, mentre il marchio Krizia è stato comprato quattro anni fa dai cinesi Marisfrolg.
Il presidente e amministratore delegato di Kering, François-Henri Pinault. Credits: @wsj.com
La lista comunque non accenna a diminuire, anzi, solo lo scorso febbraio il marchio di lingerie di lusso La Perla è infatti passata nelle mani degli olandesi di Sapinda Holding.
QUALI SONO I MARCHI ITALIANI CHE RESISTONO?
In mani italiane restano brand come Tod’s, Moncler, Armani, Prada e Dolce & Gabbana. Gli stilisti Stefano Gabbana e Domenico Dolce infatti hanno dichiarato di non aver intenzione di permettere che il brand cambi gestione: i due sono pienamente d’accorso sul fatto che il marchio debba “morire” con loro.
Su Prada invece ha fatto chiarezza Patrizio Bertelli dichiarando che Lorenzo, il figlio nato dall’unione con Miuccia Prada, si sta preparando a guidare l’azienda: “Io non ho intenzione di vendere, non ho mai venduto niente in vita mia”.
Ragazze, se siete interessate ad altre notizie sul mondo della moda non potete perdervi questi post:
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2) 90 ANNI DI LUISA SPAGNOLI CELEBRATI CON LA PRIMA SFILATA ALLA MFW E UN LIBRO!
3) RIHANNA CELEBRA IL CORPO DELLE DONNE ALLA SFILATA SAVAGE PER FENTY
Via Giphy
Bene ragazze, ora lasciamo la parola a voi. Cosa ne pensate della vendita di Versace a Michael Kors? Ritenete che le cessioni di molte maison italiane all’estero sia una notizia positiva o negativa? Fateci sapere le vostre impressioni nei commenti! Un bacione dal TeamClio!
C’è poco da fare polemica, nessun marchio italiano ha presentato un’offerta. Nessuno. E quindi è stata venduta ad un marchio estero, cos’altro dovevano fare?
è un grossissimo problema, quello delle maison italiane comprate da esteri, perché se è vero che i dipendenti e le fabbriche restano in italia, parte dei ricavati non va nelle tasse italiane ma estere. già siamo in ginocchio economicamente parlando, se poi ci priviamo di una delle linfe maggiori per il guadagno italiano.. siamo destinati a morire.
Non c’è molto da dire… Che tristezza 🙁
E soprattutto l’Italia non è economicamente messa bene, se perdiamo anche queste grandi fonti di guadagno non so dove andremo a finire. Per non parlare che pure i monumenti li stanno vendendo agli stranieri :/ Dove andremo a finire?
Credo fortemente nel Made in Italy….e sono fortemente sostenitrice del Made in Italy… una tristezza e sconcerto quando due settimane lessi della cessione di Versace a Kors….. io che ho amato Gianni Versace un artista, un genio della moda venduto ai grossolani americani! Secondo me si sta rivoltando nelle sue ceneri…quando presi il mio primo stipendio, anno 1993, andai a comprare nella boutique di Forte dei Marmi ( ora non c’è più) un fantastico pantalone con i suoi inimitabili colori e fantasia… lo conservo ancora… un sogno…. ma il Dio quattrino è più potente di ogni altra questione o affetto… Apprezzo il pensiero di D&G e altri … tanto con le acquisizioni prima o poi si perde il volere, il gusto, l’emozioni e il pensiero degli stilisti…guardate per es il marchio Chanel… Gabrielle sosteneva che prima di uscire bisogna guardarsi allo specchio e togliere qualcosa… con Lagerfild tutto è di più, scritte evidenti e grossolane…. Gucci non sembra più neanche il marchio iniziale … tutto stravolto anche Valentino e il suo rosso inimitabile…. una vera delusione ….
magari cambierò idea in futuro, ma se fossi io che devo vendere il mio marchio, piuttosto cerco lavoro altrove a tutti i miei dipendenti e poi chiudo i battenti. non ho ancora un brand ufficiale, ma se mai dovessi fare carriera, non so se sarei disposta a cedere ciò in cui ho messo passione, manualità e sentimento ad altri.
Il direttore artistico di Gucci, però, è italianissimo, Alessandro Michele. E sta attingendo molto dai vecchi disegni. Anche il CEO di Gucci è italiano, Marco Bizzarri. E ha ridato lustro al marchio.
Lavoro per una delle due multinazionali francesi del lusso che avete nominato. Leggo molta tristezza nei commenti. Quello che forse si ignora è che quando un marchio italiano viene acquisito, lo style e l’intellighenzia rimangono in Italia. Questi grandi gruppi del lusso forniscono soprattutto l’amministrazione, la logistica e l’informatica. Ma lo styling, la produzione, la materia prima rimane in Italia. Spesso si sceglie anche di lasciare ai vertici gli italiani.
Un nome su tutti: Gucci. Alessandro Michele è italiano e sta ridando vita a un marchio che si stava fossilizzando. Il CEO di Gucci, Marco Bizzarri, poi ha avuto parecchio intuito nel scegliere uno come Michele come direttore artistico. Gucci è tornato ad essere uno dei marchi più ricercati, degli ultimi anni. E la produzione è rimasta in Italia. Così come molti stranieri hanno la produzione in Italia.
Noi siamo ancora il top. Mancano gli investimenti, purtroppo.